L’incontro di Korall e Gundaar, ovvero come Galentauril cambiò nome
Un giovane ed inesperto Elfo, viaggiava attraverso lande sconosciute e pericolose alla ricerca della sua adorata sorella. Narrare di tutte le volte in cui la sua vita fu sul punto di finire sarebbe una ben monotona storia da raccontare a Voi, Gentile Lettore, ci limiteremo dunque a descrivervi di come in una di queste disparate occasioni, che con molta probabilità sarebbe stata anche l’ultima, Galentauril incontrò colui che sarebbe divenuto il suo inseparabile compagno di tante avventure: il nano Gundaar Spaccaossa.
Giunto nelle antiche lande che un tempo costituivano il regno elfico dell’Eregion, il nostro bardo si trovò costretto, di prima mattina, ad attraversare uno stretto passaggio tra due alti colli, ultime propaggini dei Monti Nebbiosi. Giunto nel punto più difficile da attraversare, si vide il passo sbarrato da tre briganti che in breve lo sopraffecero e, furiosi per il poco bottino che il povero Galentauril aveva da offrire, decisero che almeno avrebbe fornito loro un piacevole svago con la sua lenta morte. Il disperato elfo non vedeva ormai più alcuna via d’uscita e già s’immaginava legato, mentre faceva da bersaglio alle frecce dei bricconi quando un terribile grido di battaglia squassò l’aria: Guuundaaarrrr!!!!!! In pochi istanti una gran quantità di pietre rotolò giù da uno dei ripidi fianchi del colle schiacciando i tre predoni, Galentauril, impiegando le sue ultime forze, compì un balzo che gli permise di sottrarsi alla terribile fine dei suoi aguzzini; quando infine si risollevò, impolverato e preda di un eccesso di tosse, potè scorgere, tra il fumo che si diradava, una bassa ma massiccia figura che si trovava in cima al declivio proprio nel punto da cui erano precipitate le pietre. Il suo cipiglio era imperscrutabile, il suo sguardo acuto, il pugno forte e temibile, il petto ampio e poderoso; con un sentimento misto di gratitudine e timore, Galentauril osservò il suo prode salvatore scendere verso di lui e quando gli fu di fronte ,in basso, il giovane elfo gli si rivolse così: Oh mio salvatore, discendente di una nobile stirpe di fieri Nani., disse così poiché era evidente che costui apparteneva a tale popolo. Tu, che hai salvato la mia misera vita nonostante l’astio ed il rancore che per tante e travagliate ere ha diviso le nostre genti, come potrò mai ripagarti per avermi salvato da un triste fato? Ma prima che tu mi possa onorare dicendomi da dove vieni e come posso sdebitarmi con te, lascia che mi presenti! Io sono Galentauril, figlio di Taurandir il Solitario ed Aerwen Uineniel, discendente di Talendir il Marinaio degli antichi porti del Beleriand, natio della città di Edhellond, ricca di verdi boschi, dolci acque, approdi sicuri… Grrrrrr. Grrrrr. Grrrrr. Questo strano rumore proveniva dall’energico nano che, seduto sopra ad un masso, sembrava estremamente concentrato nell’ascoltare la cortese presentazione di colui che aveva salvato. Perplesso, ma perlopiù allo scuro delle usanze nanesche, Galentauril riprese a descrivere chi fosse, da dove venisse, cosa, o meglio chi cercasse, ecc. ecc. ; sino a quando l’incauto elfo non osò, incitato dalla sempre maggior attenzione prestatagli dal suo avventore, dichiarare di essere stato allievo del grande bardo Gillas di Belfalas, e di essere a sua volta un menestrello. Questa affermazione dovette colpire molto il forte nano che anzichè col consueto Grrrr, sottolineò la rivelazione con un energico Uhhhhh!!!, poi alzando il suo acuto sguardo verso l’esile elfo disse: Ridillo! Ridire cosa? Osò far notare Galentauril al suo salvatore. Quello che hai detto! Gli fece eco il grande nano. Credendo che non avesse afferrato tutto ciò che aveva narrato a causa di alcune divergenze linguistiche che si erano solo in quel momento palesate, il bardo ricominciò la sua presentazione: Oh mio salvatore, discendente di una nobile stirpe. Uhmmm!!!!, Galentauril si accorse dell’espressione un poco accigliata del suo interlocutore, forse egli non intendeva riascoltare tutto il racconto? dopo alcuni istanti di imbarazzante silenzio, l’orgoglioso nano sbottò: l’ultimo che hai detto!!! Che sono un bardo allievo del grande menestrello Gillas di Sssiiiiiiii!!!!! Il robusto nano iniziò a fare una serie di allegri e scomposti saltelli, poi, calmatosi, si sedette sopra la roccia su cui già in precedenza si era accomodato e disse: Non ho capito come ti chiami! Perplesso ma desideroso di non irritare il suo salvatore l’elfo ripetè: Galentauril, figlio di Taurandir il Solit… Fermo! Devo riflettere esclamò il buon nano, dopodichè appoggiò il mento sul pugno destro, assunse un’espressione di intensa concentrazione ed iniziò a pensare.
Galentauril aspettò cortesemente per tutto il tempo che al suo salvatore fu necessario (anche perchè, in fondo, tutti sanno quanto il tempo sia relativo per un elfo), ad un tratto egli si alzò di scatto e disse: Bene Korall, da adesso tu verrai con me! Canterai le mie imprese e scriverai un poema su di me! Guuundaaarrr!!! Il povero Galentauril temette di aver creato un terribile pasticcio, era ovvio che elfi e nani favellavano in realtà due lingue assai diverse, armato quindi di tutta la sua pazienza parlò così: IO NO CONOSCERE KORALL. IO ESSERE GALENTAURIL FIGLIO DI TAUR… Ehi!! Lo interruppe il suscettibile nano. Mi hai preso per cretino! Ho capito chi sei! E adesso muoviamoci che ormai sta imbrunendo e non ho ancora iniziato a parlarti delle mie gesta. Datti una mossa Korall! L’elfo tapino era ormai sufficientemente infastidito da questa storia e decise che prima di muoversi verso qualunque parte, era necessario un chiarimento, armatosi dunque di tutta l’eloquenza che aveva appreso disse: Oh grande Guuundaaarrr!!! Perchè così pensava che si chiamasse con precisione il suo salvatore. Temo che tu non abbia ben afferrato che io non conosco questo Korall, il mio nome infatti e Galent, durante quest’ultimo tentativo in cui il nostro amico elfo aveva tentato di ribadire chi fosse, il nano Gundaar si era fatto rubicondo e tremava così forte che per il timore Galentauril si interruppe di colpo, poi lo Spaccaossa sbottò: Tu! Tu osi rifiutare uno dei più alti titoli che i nani concedono ai loro amici prediletti, rifiuti di farti chiamare con un nome che solo i più grandi amici dei nani hanno osato portare, sappi che Korall significa… no, non meriti che io ti sveli il significato segreto che questa parola ha in Khuzdu, l’antica lingua del mio popolo! Sorpreso ed assai dispiaciuto l’elfo cercò di rimediare alla sua terribile gaffe: Oh magnanimo Guuundaaarrrr! Perdona la mia ignoranza e se vi è un modo per potermi sdebitare anche di questo mio grave errore, dimmelo. E’ chiaro ormai che troppo grande è il mio debito con te, per poterlo saldare solo a parole, ti seguirò finchè le nostre strade coincideranno e farò il possibile per creare alcuni stornelli che ti possano essere graditi. Il glorioso nano assunse un’aria più rilassata e rispose: Bravo Korall! Credo che noi due presto ci intenderemo alla perfezione! Soprattutto se riuscirai ad imparare a pronunciare il mio nome correttamente, ma dopotutto sei un elfo e penso che dovrò aver un pò’ di pazienza con te! Per prima cosa sappi che tu comporrai un’epopea su di me e non degli strorenelli, che non so neanche cosa siano! Per quanto riguarda le nostre strade, penso resteranno unite per un bel pò’! Chissà perchè, molto in fondo dentro di se, l’elfo prese quest’affermazione come una minaccia.
Ora andiamo riprese Gundaar Spaccaossa, che si fa notte e non ho ancora mangiato, nel frattempo che ci muoviamo inizierò a parlarti di me! Ed egli iniziò a narrare di tutte le sue mirabolanti imprese, narrò per tutto il tragitto, narrò mentre preparavano l’accampamento, narrò mentre mangiavano i tuberi che erano le ultime scorte dell’elfo, narrò mentre erano stesi nel loro giaciglio (poiché l’imprudente Galentauril aveva rivelato al prolisso nano che la sua gente necessita di pochissimo riposo), narrò anche dopo che si fu addormentato, la mattina dopo, a colazione, a pranzo, nel pomeriggio… Continuò a farlo per lungo tempo (molto anche per un elfo) e per quel che ne sappiamo non ha ancora smesso di parlare. Vi domanderete, Gentile Lettore, come prese il giovane bardo questa nuova presenza nella sua vita; ebbene possiamo senz’altro affermare che assai più di prima Korall (già , d’ora innanzi lo chiameremo anche noi così, poichè lui stesso finì con l”abituarsi a tale nome, essendo l’unico con cui veniva, in continuazione oseremmo dire, chiamato dal solo individuo con cui avesse stretto un legame dalla scomparsa della sua amata sorella), Korall, come dicevamo, apprese il reale valore del silenzio, che amò più di prima, divenne tanto silenzioso e riflessivo, da impulsivo che era, che il nobile Gundaar lo soprannomino: il placido.
Non solo, tanto lo divertiva e al tempo stesso lo stupiva l’impegno con cui il suo nuovo e obbligatorio compagno cercava di compiere gesti eroici che, dopo tanto tempo, riprese la sua lira e ricominciò a comporre. Dapprima semplici canzoni, poi versi sempre più complessi: era nata la Gundaareide (l’eccelso nano aveva preteso un nome altisonante).
Vi erano delle volte poi in cui il mite elfo pensava che forse per davvero il suo amico fosse destinato a compiere gesta epiche, il suo mento largo, la folta e scura barba, il portamento eretto e l’incedere sicuro mettevano in evidenza un’eredità importante, ancor più aumentata dal fatto che il coraggioso nano mantenesse il più assoluto riservo sulle sue origini: era mai possibile che in Gundaar non scorresse semplice sangue nanesco, ma la linfa appartenente a qualche antica stirpe del suo popolo, quella luce che a volte, al sorpreso bardo, pareva illuminare il volto del suo amico poteva essere il segno della benevolenza divina unita ad un retaggio reale? Gundaar discendeva forse dagli antichi Sette Re dei Nani??? Ma poi il rumore di Gundaar che si rotolava come un bimbo nel fango con il cinghiale che sarebbe dovuto essere la loro cena ridestava dalle sue fantasie il placido Korall ed il sapore delle radici amare che per l’ennesima volta avrebbero costituito il loro pasto le faceva passare del tutto.
Per quel che riguarda il suo nuovo nome invece, anche dopo che furono trascorse molte estati e diversi inverni e pur avendo iniziato a comprendere qualche parola dell’antica lingue nanesca, ad oggi egli non ha ancora afferrato il vero significato della parola ed ogni volta che ne fa riferimento al simpatico nano, questi tergiversa e prende a parlare di tutt’altro (Korall ha iniziato a sospettare che il suo nome non significhi proprio un bel nulla ma in definitiva ciò non gli importa e se fa contento il suo amico va bene così).
Il racconto potrebbe dirsi concluso ma noi abbiamo ancora un piccolo aneddoto da narrarVi, Gentile Lettore: abbiamo faticosamente ricostruito come il nano Gundaar si trovasse a passare di lì nel momento in cui Galentauril/Korall era caduto nell’imboscata dei briganti. Ebbene, raccogliendo informazioni sui nostri eroi e su come la Compagnia della Birra si venne formando, ci imbattemmo nel bizzarro racconto di un locandiere, che ci narrò come un dì, molto tempo addietro quando lui era ancora bambino, suo padre aveva accolto nella loro locanda un giovane nano che rispondeva alla descrizione di Gundaar. Il locandiere fornì vitto ed alloggio a costui, il quale per cena si abbuffò con ben cinque piatti di stufato coi funghi; la mattina dopo, di buonora, il nano se la svignò lasciando all’ostessa solo i soldi per un pasto, dichiarando che i funghi erano andati a male e che lui non aveva chiuso occhio tutta la notte. Appena lo seppe il padre del mio interlocutore si mise sulle tracce del briccone per averne il dovuto, lo sorprese poco lontano in cima ad una collinetta che si innalzava a nord di casa sua, egli si era addormentato profondamente a ridosso di alcuni massi che avevano tutt’altro che l’aria di essere stabili; il locandiere si avvicinò di soppiatto con l’intento di prendere il nano di sorpresa, quando ad un tratto egli urlò: Guuundaaaaarrrr!!!! Il pover uomo, presosi uno spavento, fece un balzo indietro, urtò le rocce, che iniziarono a rotolare giù dal pendio; appena sentì le urla di sotto, preso dal timore di aver accoppato qualcuno, scappò a gambe levate e rinunciò al suo denaro anche perchè, una volta tornato, la moglie gli disse che in effetti, per un grave errore, alcuni funghi velenosi erano finiti nello stufato ed altri ospiti avevano subito forti dolori e pretendevano di trascinare gli avvelenatori dalle guardie. L’oste era sicuro, da come russava, che il nano non lo avesse sentito avvicinarsi, è probabile che nessuno saprà mai per quale motivo Gundaar gridò a quel modo, anche se un’ipotesi potremmo farla: il poco sonno ed i funghi allucinogeni devono aver causato al nostro eroe sogni molto agitati, chissà contro chi stava combattendo, forse un nugolo di orchetti, forse un drago, o chissà , magari stava sognando di salvare un elfo di nome Korall che avrebbe scritto di lui ai posteri.